Umberto Nobile non è estraneo al tema qui trattato, la giustizia ambientale, specialmente se intendiamo l’ambiente come spazio contenente le forme viventi e non viventi, cioè tutto.
Umberto Nobile è genericamente ricordato come il primo trasvolatore polare, avendo raggiunto quelle estreme latitudini per ben due volte, nel 1926 e nel 1928, con dirigibili di sua costruzione e dei quali era il maggiore rappresentante mondiale.
Prima, però, di inoltrarmi nella disamina del contributo offerto da Umberto Nobile alla giustizia ambientale, è d’uopo conoscere la sua figura e i ruoli avuti negli ambienti scientifico-culturali della prima metà del ‘900: egli fu 1) direttore dello Stabilimento di Costruzioni Aeronautiche del Governo Italiano fino al 1928, 2) Alto Ufficiale dell’Aeronautica fin dalla sua istituzione nel 1923 – prima Colonnello e dal 1926 Generale, 3) Professore di Costruzioni aeronautiche alla Federico II dal 1926 al 1960 e fondatore di quella che oggi è la Facoltà di Ingegneria Aerospaziale, 4) Membro della Pontificia Accademia delle Scienze.
Nobile non era neanche estraneo alla città di Nola; aveva stretti rapporti familiari con l’avv. Giuseppe Fonseca, sindaco di Nola nei primi decenni del ‘900; volevano conferirgli la cittadinanza onoraria nel 1926, ma l’ evento non fu possibile realizzarlo solo per problemi di tempo e di organizzazione. Da non dimenticare, inoltre, che a Nola c’è un Istituto di Scuola Secondaria a lui intitolato, oltre, ovviamente, al Museo Umberto Nobile di Lauro.
Ma lo sforzo per contribuire alla giustizia ambientale, Umberto Nobile lo diede in qualità di Padre Costituente della Repubblica Italiana, essendo stato eletto all’Assemblea Costituente del 1946 e designato a far parte del “Gruppo dei 75”, incaricato di scrivere la Costituzione Italiana.
I lavori parlamentari venivano svolti prevalentemente in Assemblea generale e nelle tre sottocommissioni, la prima concernente i diritti e i doveri dei cittadini, la seconda si occupava dell’organizzazione costituzionale dello Stato e la terza discerneva sui rapporti economici e sociali; Nobile faceva parte della seconda sottocommissione.
Come si sa, il concetto di ambiente fu inserito in quello che oggi è l’articolo 9; un testo che è un periodare armonioso, quasi una poesia, composta in ben 15 mesi di confronto e scontro tra illustri esponenti della cultura italiana che allora occupavano i banchi dell’Assemblea.
L’articolo 9, nella sua finale formulazione, recita:
La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Gli elementi che compongono questo quadro sono dunque tre: 1) la cultura, 2) la ricerca, 3) il paesaggio e il patrimonio.
L’ambiente ha comunque titolo ad essere implicitamente considerato parte dell’articolo; difatti, esiste un’ampia letteratura che considera l’ambiente come realtà implicita in tutte queste componenti, specialmente, ovviamente, nel paesaggio.
La formulazione relativa alla cultura, avviata da Aldo Moro e dal Prof. Marchesi, questi già Rettore dell’Università di Padova, entrambi facenti parte della prima sottocommissione, non trovò insormontabili contrapposizioni, se non sfumature sul concetto di cultura, scolarizzazione, possibili influenze politiche e altre cose di poco conto.
Ma sugli altri due punti fu guerra aperta tra due visioni contrapposte, e difatti la contesa durò fino a poco tempo prima della chiusura dei lavori, specialmente su paesaggio e patrimonio.
Le questioni dirimenti erano principalmente due e riguardavano essenzialmente la dizione linguistico-semantica e se la competenza di questo articolo andasse allo Stato o alle Regioni.
Certo è che, con la presenza nella schiera parlamentare di illustri letterati, membri di varie Accademie e professori universitari, è facile immaginare che la scelta di un vocabolo non era solo forma ma specialmente sostanza.
Lungo fu il dibattito accademico per decidere se lo Stato dovesse proteggere o tutelare un bene pubblico, se la Nazione deve promuove o valorizzare la cultura e la scienza, se il paesaggio e il patrimonio devono essere tutelati o si deve solo vigilare su di essi; e poi, si sottolinea, c’è una bella differenza tra monumento storico e monumento culturale, patrimonio pubblico o privato! Infine, era anche da chiedersi se tutte queste cose le doveva fare lo Stato, la Repubblica o la Nazione.
La questione non era certamente di poco conto; però non fu poi difficile, per quanto concerne la questione lessicale, trovare una dicitura che mettesse tutti d’accordo e assicurasse una netta comprensione di quanto veniva specificato.
Ma la vera lotta parlamentare ebbe luogo quando si dovette decidere a chi affidare la competenza di controllo sull’articolo 9: lo Stato o le Regioni?
La Seconda Sottocommissione, che si interessava della costituzione dello Stato, incominciò ben presto a confrontarsi sulla necessità di istituire le Regioni, elencando anche le materie concorrenti, cioè quelle da affidare al controllo dello Stato e quelle affidate alla legislazione regionale.
Umberto Nobile fu fin dall’inizio il più agguerrito contestatore della divisione dell’Italia in Regioni, apportando a giustificazione della sua tesi svariati elementi che ancora oggi rimangono irrisolti e continuano purtroppo a generare grossi problemi alla vita dei cittadini; tanto per fare qualche esempio, Nobile sosteneva che allo Stato dovessero competere i beni primari, quali la salute, l’istruzione, le fonti energetiche, l’agricoltura, l’acqua, i porti, le foreste, i trasporti, tematiche che sono tuttora argomento di forti contrapposizioni e insicurezze.
Purtroppo, egli non trovò molta condivisione tra le centinaia di parlamentari e dovette, suo malgrado, farsene una ragione.
Ma quando si avanzò l’idea che il patrimonio e i monumenti dovessero cadere sotto la competenza delle Regioni, Nobile sussultò e in un accalorato intervento ebbe, tra l’altro, a dire: “ È assurdo supporre che in un paese come l’Italia, le Antichità e le Belle Arti possano riguardare solo le regioni”.
Toccati tutti da tanto ardore, Nobile riuscì a bloccare l’infausta iniziativa e ad avere tempo sufficiente per organizzare una proposta alternativa, trovando valido sostegno sia in colleghi della Prima Commissione che dell’Assemblea stessa. Dopo qualche tempo si giunse all’approvazione del seguente emendamento, ancora provvisorio nella dicitura, presentato insieme a Marchesi e Codignola: “ Il patrimonio artistico e storico della Nazione è sotto la tutela dello Stato”.
Il fatto era che, come sostennero in Assemblea alcuni difensori della competenza statale su patrimonio e monumenti, molti famelici deputati avevano già messo gli occhi su vaste aree ove si ergevano monumenti e beni naturali e temevano di non poter realizzare i loro progetti proprio a causa del controllo della Stato.
Un chiaro esempio viene fatto a proposito dello stesso presidente della Prima Sottocommissione, il quale sosteneva l’inutilità di tale articolo ed esprimeva dubbio sulla necessità che lo Stato avesse tale incombenza. Ma evidentemente la vera ragione di tale opposizione è da ricercare nel fatto che lui già pensava a quando sarebbe divenuto Sindaco di Roma, accaduto qualche anno dopo, con la chiara intenzione di mettere liberamente le mani sulla città.
Ormai la strada era spianata e non trovò ostacoli l’aggiunta del “paesaggio” nell’ emendamento di Marchesi e Codignola, che adesso suonava così: “I monumenti artistici e storici, a chiunque appartengano ed in ogni parte del territorio nazionale, sono sotto la protezione dello Stato. Compete allo Stato anche la tutela del paesaggio”.Finalmente, dopo quasi un anno di accesi confronti, la battaglia per assicurare la materia ambientale sotto la tutela dello Stato era stata vinta, anche se il testo degli emendamenti dovevano ancora trovare una formulazione più unitaria e omogenea; ma per questo c’era ancora molto tempo a disposizione, dovendo l’Assemblea terminare i lavori entro dicembre.
Non rimaneva che aggiungere in questo articolo (allora era l’articolo 29) la parte relativa alla ricerca scientifica e tecnica.
In ciò fu trovata accogliente predisposizione nell’Assemblea generale, grazie a precedenti interventi di Codignola e Pignedoli, i quali sottolinearono come fosse “esigenza fondamentale” il legame tra istruzione e ricerca scientifica, richiamando l’attenzione dell’Assemblea anche sul “doloroso andarsene degli scienziati…..per ragioni di trattamento e per ragioni proprio inerenti alla possibilità di vivere”. Pignedoli, al termine della sua illustrazione, presentò il seguente emendamento: «La Repubblica protegge e promuove, con ogni possibile aiuto, la creazione artistica e la ricerca scientifica».
Nella stessa seduta, questo emendamento fu integrato con altri articoli, con il consenso del relatore. Ma la cosa positiva era che l’Assemblea appariva molto attenta a questa tematica, peer cui la situazione era troppo favorevole per lasciarsela scappare. Così, Nobile, Firrao e Colonnetti presentarono il loro articolo 29 bis, che recitava: “La Repubblica promuove la ricerca scientifica e la sperimentazione tecnica e ne incoraggia lo sviluppo”. Relatore dell’articolo fu Firrao, che illustrò il tutto con un lunghissimo intervento che provocò più volte l’irritazione dei deputati, con conseguente interruzione del discorso.
Ma quando, alla fine, l’Assemblea si espresse con una inattesa piena approvazione dell’articolo, Firrao commentò in modo ilare e sdrammatizzante: ”Se fossi stato informato che sulla mia proposta si sarebbe raccolta così calorosa adesione, avrei risparmiato alla mia ugola lo sforzo di illustrarla, ed ai colleghi, impazienti di lasciare l’Aula, la fatica d’ascoltarmi!”. Una risata generale invase l’emiciclo.
In questo lungo lavoro, tutti i fautori di questo articolo rimasero sempre guardinghi al fine di evitare eventuali trappole che sottraessero allo Stato la competenza di questo articolo, le cui materie sono, a mio modesto parere, tutte da annoverare nel concetto di ambiente; addirittura, i nostri difensori dovettero intervenire, fortunatamente in modo tempestivo e deciso, quando si accorsero che l’articolo era letteralmente sparito nella trascrizione degli articoli.
La fatica era finalmente veramente terminata; non rimaneva che attendere la conclusione dei lavori alla fine di dicembre, per avere l’articolo 9 nella formulazione inserita nella Carta Costituzionale.
E qui, proprio a questo proposito, non possiamo evitare di fare un’ultima osservazione: l’integrazione fatta all’articolo 9 e approvata nel febbraio 2022, recitante: “Tutela l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali.”
Non vorrei intaccare la sensibilità di quanti hanno espresso gioia per tale aggiunta; però vorrei fare, a titolo personale e senza aver precedentemente approfondito la questione, qualche osservazione.
L’articolo 9 è inserito tra i Principi Fondamentali della Costituzione e, come tale, era immodificabile: mi chiedo perciò come sia stato possibile aggirare tale norma costituzionale!
Inoltre, tale aggiunta poteva essere messa tranquillamente alla fine dell’articolo 41, anch’esso modificato e comunque modificabile, senza interferire con i principi costituzionali; magari si poteva anche fare un nuovo articolo apposito!
Tanto più che il trio di scienziati Nobile-Firrao-Colonnetti, nel proporre il loro articolo, sottolinearono che i veri beneficiari dell’articolo erano proprio le nuove generazioni, il cui futuro poteva essere creato solo con la ricerca scientifica e tecnica; come si vede, ancora una volta, la cosa è questione tuttora irrisolta e di inconcludente discussione!
Poi, qual era la necessità assoluta di scegliere proprio l’immodificabile articolo 9, del quale è stata peraltro sconvolta l’armonia poetica, faticosamente costruita da illustri letterati della Costituente? Quelle aggiunte, mi sembrano parole piuttosto popolari, assemblate in fretta e incollate con un po’ di scotch.
Ma di fronte all’ultimo comma, quello sugli animali, devo mio malgrado desistere dal perseverare nell’affondo. Umberto Nobile, di cui conservo la memoria nel Museo di Lauro, era un grande amante degli animali e, tutto sommato, anche lui avrebbe taciuto su quanto avvenuto.
E poi dovrei fare i conti anche con la cagnetta Titina, imbalsamata, e a breve in arrivo nel Museo di Lauro: trovandomela davanti, preferisco non incorrere nelle sue possibili ire, non si sa mai!