La torzella ricca è un alimento nutriente e allo stesso tempo povero di grassi, ideale per affrontare l’irrigidimento climatico della stagione invernale, perché ricco di vitamina C, acido folico, fibre e potassio. Ha, inoltre, un elevato contenuto in glucosinolati, in grado di svolgere un’azione preventiva contro l’insorgere dei tumori. Una storia che viene da lontano, iniziata oltre 4 mila anni fa nell’area orientale del Mediterraneo e, non a caso, la torza riccia viene comunemente chiamata anche cavolo greco. Un’origine testimoniata dalle distese di torzelle che, insieme a cavoli e broccoli, un tempo affiancavano le risaie che si estendevano in buona parte della Magna Grecia, dal Principato di Salerno fino a Sibari. Una coltura che poi ritroviamo, ai tempi dell’antica Roma, nell’area della cosiddetta Campania Felix: un territorio ampio e pianeggiante con un clima mite e un terreno fertile perché di origine vulcanico e, quindi, ricco di macro e microelementi minerali, irriguo, grazie alla presenza di alcuni fiumi.
Per valorizzare la sua storia e difenderla dal rischio dell’estinzione, da alcuni mesi ha preso vita ufficialmente il Presidio Slow Food della torzella riccia. Un riconoscimento importante, arrivato dopo un anno di lavori preparatori, per uno dei cavoli più antichi del pianeta, oggi presente soprattutto nei campi nell’agro nolano e acerrano. Una scommessa vinta per sedici piccoli produttori agricoli che hanno sottoscritto la dichiarazione che definisce gli obiettivi della comunità, una compagine che è destinata ad allargarsi ulteriormente nei prossimi mesi. L’azione messa in campo dal nuovo Presidio ha lo scopo di valorizzare e promuovere il territorio, favorendo il recupero della biodiversità e stimolando concretamente ricadute positive sull’economia locale. I produttori riescono a vendere i prodotti a prezzi più coerenti col loro valore, stabiliscono legami forti con trasformatori, distributori e ristoratori, rendono la filiera più sostenibile ambientalmente, migliorano la trasparenza della comunicazione per i consumatori. Il percorso per l’istituzione del Presidio della torzella riccia è stato attivato grazie all’impegno della Condotta Slow Food dell’agro nolano e alla dedizione dell’agronoma Patrizia Spigno, referente regionale dei Presìdi Slow Food Campania, in sinergia con la Fondazione Hyria Novla, che ha sostenuto l’iniziativa della Fondazione Slow Food per la biodiversità. Un’iniziativa dal forte valore simbolico, che punta a dare avvio alla rigenerazione fisica di un contesto territoriale mortificato negli ultimi decenni da politiche sbagliate con la impermeabilizzazione di oltre 10 milioni di metri quadri in favore di attività che hanno prodotto scarsi benefici per la collettività, contribuendo a determinare pesanti criticità ambientali. Per uscire dalla condizione attuale è necessario costruire una nuova visione del territorio, basata sulla sostenibilità sociale, economica ed ambientale, valorizzando le preziose risorse alimentari ed i paesaggi agrari che sono una delle componenti culturali della nostra terra.
Come si mangia la torzella?
I germogli e le foglie vengono raccolti per essere consumati sia freschi nelle insalate, che cucinati in appetitose ministre contadine, tipiche della cucina tradizionale campana, come la natalizia minestra maritata, o per guarnire pietanze in combinazione con frutti di mare. La torzella è stata per lungo tempo protagonista delle tavole napoletane anche in estate: nella stagione calda, infatti, veniva spesso consumata dopo una breve cottura in compagnia del pomodoro San Marzano. La sua lunga storia si è interrotta bruscamente nel secondo dopoguerra, periodo in cui la torzella scompare dagli orti campani, soppiantata da colture più redditizie. Fortunatamente questa varietà tradizionale locale non si è completamente estinta e tuttora viene coltivata da un gruppo di agricoltori custodi nel nordest della città metropolitana di Napoli. Il seme della torzella è presente, tra gli altri, nella Banca del germoplasma vegetale campano ed è iscritto al repertorio regionale tra le varietà a rischio d’estinzione.
I produttori aderenti al Presidio Slow Food sono tenuti ad adottare tecniche di coltivazione impostate sui principi dalla produzione integrata o biologica, seguendo il disciplinare e il manuale di coltivazione definiti dall’associazione. La torzella appartiene alla famiglia delle Brassicaceae. È una pianta erbacea a ciclo autunnale-vernino, che raggiunge un’altezza media di circa 100 cm e un diametro di circa 70 cm. Il fusto è robusto ed emette numerosi germogli ascellari con foglie carnose ricce, di colore verde scuro, mentre i fiori sono giallo vivo. La prima raccolta avviene asportando il germoglio centrale, in tal modo è favorita l’emissione dei germogli secondari, più piccoli, che rappresentano la parte preponderante della produzione commerciabile. La raccolta avviene, quindi, in più momenti da novembre fino agli inizi di aprile, rigorosamente a mano. Il prodotto può essere venduto fresco, confezionato tradizionalmente in fasci o in cassette di legno, avendo cura di utilizzare materiali da imballaggio riciclabili ed ecosostenibili, oppure trasformato, senza l’utilizzo di additivi, integratori, coloranti o altri coadiuvanti sintetici.
Area di produzione
Comuni di Acerra, Afragola, Arzano, Brusciano, Caivano, Camposano, Carbonara di Nola, Cardito, Casalnuovo di Napoli, Casamarciano, Casandrino, Casoria, Castello di Cisterna, Cicciano, Cimitile, Comiziano, Crispano, Frattamaggiore, Frattaminore, Grumo Nevano, Liveri, Mariglianella, Marigliano, Nola, Palma Campania, Poggiomarino, Pomigliano d’Arco, Roccarainola, San Gennaro Vesuviano, San Paolo Belsito, San Vitaliano, Saviano, Scisciano, Striano, Tufino, Visciano, Volla.
Cos’è un Presidio Slow Food?
I Presìdi sostengono le piccole produzioni eccellenti che rischiano di scomparire, valorizzano la biodiversità di un territorio, recuperano mestieri e tecniche di lavorazione tradizionali, salvano dall’estinzione razze autoctone, antiche varietà di ortaggi e frutta. Sono espressione delle culture e degli ecosistemi più diversi: dalle Alpi alle foreste tropicali, dalle piccole isole ai contesti periurbani: esempi virtuosi di economia locale, riconosciuti a livello internazionale dalle istituzioni, dal mondo accademico, dai media e dai consumatori.
I Presìdi traducono la filosofia Slow Food in pratica quotidiana: seguono i principi dell’agroecologia, rispettano il suolo, l’acqua, il benessere animale, la biodiversità (da quella invisibile, della microflora, a quella culturale, dei saperi e delle tecniche), preservano i paesaggi agricoli tradizionali, riducono al minimo l’impatto ambientale delle loro produzioni, evitano l’uso di pesticidi, antibiotici, conservanti, additivi, coloranti, affiancano ai prodotti etichette dettagliate, che raccontano ogni fase della produzione.
Un Presidio coinvolge direttamente i produttori, offrendo l’assistenza per migliorare la qualità dei prodotti, facilitando scambi fra gli aderenti e cercando nuovi sbocchi di mercato (locali e internazionali).
Attualmente i Presìdi sono oltre 600, localizzati in 79 Paesi nei cinque continenti. In Italia sono circa 340, in Campania 39, e coinvolgono alcune migliaia di piccoli e piccolissimi produttori: contadini, pescatori, norcini, pastori, casari, fornai, pasticceri.