Jātaka

Italia
Anno 2017

 

A quel tempo Avalokiteśvara, il futuro Buddha, era bambino in un coro di bambini.
Insieme a loro sposò la mistica della sovversione.

NOI VIVREMO DENTRO LA CAVERNA D’EUCALIPTI
SARÀ LA NOSTRA NUOVA CASA
LE APOCALISSI NON CI SPAVENTANO
LE ABBIAMO GIÀ VISSUTE

Senza far rumore. Un gruppetto di bambini così arrivò al Santuario delle Tre Fontane.

Qui vivevano i frati trappisti, umili alchimisti della materia vegetale.

Producevano miele, tisane, oli e balsamo. Marmellata, liquori, decotti.

Tutti i nutrienti primari erano estratti dall’Eucalyptus Globulus, pianta sempreverde che insieme ad altri cinquecento esemplari, fu piantata nella degradata periferia romana d’inizio Ottocento. I frati conoscevano l’azione antimalarica di questi alberi, e quanto le esalazioni balsamiche delle foglie purificassero l’aria.

Eucalipto significa protezione. Per questo i bambini scelsero le grotte d’eucalipto: li facevano sentire al sicuro, rifugio ideale per abbandonare la follia del mondo.

«Andiamo avanti?» chiese Giacomo.

«Sì!  Ma prima  ripetiamo  i  nostri  nomi,  per  non  dimenticarli…».

I bambini pronunciarono il loro nome per l’ultima volta, perfettamente consapevoli di rinunciarvi. Non si sentivano sviliti per quel lascito individuale, di cui restò, tuttavia, l’improntitudine. Erano piccoli fiori di Loto. Piccoli Illuminati che vivevano in mezzo a noi, e che fra noi si presentavano sotto qualsiasi forma vivente.

Erano portatori di Luce e Compassione.

Erano bambini tra i bambini, battenti il tempo dei nostri avari, tirannici averi.

 

Entrarono. La cavità era perfetta.

«Non è troppo umida e buia?» domandò il coro.

«Non è troppo umida, è ospitale!» partì il coro all’unisono.

«È senza accumulo d’inquinanti!» sorrise il coro all’unisono.

«Non vi sembra di stare nelle caverne di un tempo?».

I bambini scivolarono ad Altamira. Di fronte ai bisonti, piansero.

Gli uomini erano arcieri. Nella caverna non esisteva paura.

 

Ricordo il tuo onirico. Noi fummo la notte carsica.

Ebbe creazione per erosione degli anni fanciulli.

Un’incursione d’erba tra il Redentore e le faglie aperte di quel tenero mattinale.

 

IL MIO SOGNO DENTRO IL TUO SOGNO
LA TUA MEMORIA DENTRO LA MIA
UNITI ALL’UNISONO

 

Estratto dal libro d’arte 
LA RIVOLUZIONE DEGLI EUCALIPTI di Nina Maroccolo

 

 

NINA MAROCCOLO (Massa 1966, Roma 19 febbraio 2023).

Ha vissuto e lavorato tra Firenze e Roma. Artista in continua esplorazione, scrittrice, performer teatrale, ha condotto una ricerca legata alla simbologia e alla metamorfosi stessa dell’universo Natura, cercando e felicemente trovando l’unitarietà fra le arti, partendo da una scrittura lirica e visionaria.

 

«Nina se l’inghiotte, il Tempo, lo irride o gli è devota, con la sua piccola Nikon fedele, quasi briose prove di tettonica, anima orografica: carmi o labirinti petrosi, porosi, cicatrici di segni – dunque nuovi gesti con cui romanzare l’impossibile forma dell’Informale, riazzerarlo non più a pensiero, a stilema, ma a frammento da riabitare, riabilitare di sguardi…».

[Plinio Perilli]

 

«Nina è riuscita a produrre un balsamo – veram medicinam – che concilia mistica e scienza, arte e natura, toccando tematiche di stringente importanza: la violenza, il cancro, la crisi ambientale… la Grazia, Dio, Avalokiteśvara…».

[Vincenzo Notaro]

 

«In Nina Maroccolo si coniugano coraggio visionario, profonda spiritualità, generosità empatica e capacità medianica».

[Lucia Guidorizzi]

 

«Nina Maroccolo è questo paziente, metodico, ispirato / Artifex che con callide manipolazioni e tecniche di abluzioni / Trasduce l’eucaliptico fogliame e cortecciame / In un magico paesaggio inedito».

[Marco Palladini]

 

«Uno sguardo, quello di Nina Maroccolo, che s’avventura ben oltre quello che è in luce e che procede, dall’ideale grigio-cobalto, blu argento e turchino, delle acque, fin dentro le alte corti dei nembi tempestosi e oscuri del cielo».

[Anna Maria Corbi]

 

Nina Maroccolo ha studiato Decorazione pittorica e fotografia d’arte all’Accademia di Belle Arti di Firenze; ha lavorato nell’ambito del Restauro su Carta a Palazzo Spinelli; ha appreso ed esperito l’arte dell’intaglio e dell’intarsio su legno tenero presso le botteghe degli artigiani fiorentini.
È stata mezzo soprano nel coro a otto voci della Cattedrale di Santa Maria del Fiore, per la direzione del M° Don Luigi Sessa. Ha fatto parte dell’etichetta discografica indipendente CPI, della City Lights Italia, consorella europea della storica City Lights fondata da Ferlinghetti a San Francisco.
Membro fondatore del gruppo artistico-sperimentale ATEM, dieci anni fra parola, musica e performances dal vivo. Tra le sue pièces teatrali, interpretate e cantate, ricordiamo almeno l’estemporanea “Partitura per ferro e terra” dedicata all’opera dello scultore Jaume Plensa, Teatro Limonaia (Firenze 2002). Annelies Marie Frank (dal suo libro omonimo), Teatro Vascello (Roma 2005).
Nastro – Omaggio a Giacomo Manzù (Salone del Libro, Auditorium DM, Torino 2012), cortometraggio per voci recitanti, Stefano Amorese e Nina Maroccolo, elettronica, corto/videoarte. Regia di István Horkay, musica del M° Daniele Venturi.
ME DEA, testo e regia di Marco Palladini. Con Nina Maroccolo e Giulia Perroni (Teatro Aleph, Roma 2014). Al suo esordio cinematografico come protagonista del film d’arte LA SESTA VOCALE. Regia di Iolanda La Carrubba, colonna sonora di Gianni Maroccolo: opera finalista al “Festival Internazionale del Cinema di Berlino 2013” nella rassegna Director Lounge DL9.
Tra le sue pubblicazioni ricordiamo: Il carro di sonagli (City Lights Italia 1999), Annelies Marie Frank (Empirìa 2004), teatro, con una lettera di Alda Merini. Illacrimata (Tracce 2011), poemetti, prefazione di Paolo Lagazzi. Animamadre (Tracce 2012), romanzo, prefazione di Fabio Pierangeli. Malestremo – Sedici viaggi nell’Altrove (Tracce 2013), racconti, prefazione di Marco Palladini. La Rivoluzione degli Eucalipti (Disvelare 2020) sinestesia lirico-visionaria tra prosa e fotografia.