tempo di lettura 5 minuti
Senza titolo, Felix Policastro

“Che l’ora della Brexit arrivi o no, ci toccherà farci delle domande per moltissimo tempo. Menzogne, finanziamenti sospetti, coinvolgimento russo nella vicenda daranno lavoro agli storici del futuro. I quali studieranno senz’altro il fenomeno di obnubilamento prodotto da un tipo particolare di polvere magica comune a tutti i movimenti populisti che attualmente attanagliano l’Europa, gli Stati Uniti, il Brasile, l’India e molte altre nazioni. La ricetta di questa polvere magica ci è ormai ben nota: sfrenata irrazionalità, ostilità verso lo straniero, rifiuto di un’analisi seria della realtà, diffidenza nei confronti degli ‘esperti’, ribalda parzialità in favore della propria nazione, appassionata fiducia nelle soluzioni facili, nostalgia per certe forme di ‘purezza’ culturale, più un manipolo di politici senza scrupoli pronti a sfruttare tutte queste pulsioni”.
Lo scrittore inglese Ian McEwan verga queste righe quando il suo Paese sta veleggiando verso la Brexit in un libro intitolato Lo scarafaggio e uscito in lingua originale nel 2019 (in Italia per Einaudi
nel 2020 con traduzione di Susanna Basso; il passo citato è a p. 106). Si tratta della postfazione che l’autore pone alla fine del suo racconto-pamphlet che parte dalla famosa Metamorfosi di Kafka per poi mettere a fuoco uno sguardo satirico alla Jonathan Swift, come esplicitamente dichiarato. Benché scritto in riferimento a ciò che stava avvenendo nella sua patria, il passo – e il libro – registrano lo statu nascendi di un fenomeno diventato globale e che, guarda caso, tocca da vicino anche noi: irrazionalità, xenofobia, ostilità per la scienza, purezza nazionalistica (made in Italy espresso ossimoricamente in lingua inglese), un ceto politico di cui vergognarsi. Qui e altrove.
Dunque, McEwan parte da Kafka, e ce lo dice chiaramente il titolo, anche se con un ribaltamento rispetto allo scrittore praghese: “Quella mattina Jim Sams, un tipo perspicace ma niente affatto profondo, si svegliò da sogni inquieti per ritrovarsi trasformato in una creatura immane. Per un pezzo rimase disteso sul dorso (non precisamente la sua posizione preferita) a osservarsi costernato i piedi lontanissimi, l’esiguità degli arti. Appena quattro, e pressoché inamovibili” (p. 7). I piedi sembrano lontanissimi e gli arti inamovibili perché Jim Sams, la cui “parentela” con il kafkiano Gregor Samsa è palesata fin dal nome scelto, non è un essere umano che si sveglia “da sogni inquieti” trasformato in scarafaggio, ma, al contrario, è uno scarafaggio che si ritrova nel corpo di un uomo dopo essersi mosso fino al giorno prima nei canali di scolo. E quest’uomo non è altro che il primo ministro britannico. Attraverso la comunicazione di segnali chimici feromonali il nuovo Jim Sams, che conserva la memoria della sua origine entomologica, una volta intrapresa la vita da premier individua negli altri ministri, tranne uno, altri appartenenti della propria specie che hanno subito la stessa metamorfosi. Qual è lo scopo? Portare a termine una strana riconversione economica che il partito al governo ha intrapreso senza però aver trovato una definitiva soluzione. Il partito degli Inversionisti, in questo osteggiato dal partito antagonista dei Cronologisti, vuole appunto operare una sorta diinversione nel normale andamento economico: chi ha un posto di lavoro pagherà al proprio datore il corrispondente del proprio salario ma quando andrà a fare la spesa sarà il negoziante a somministrargli la cifra corrispondente. Ciò, secondo questa folle prospettiva, si incrementerà l’economia, risolvendo anche il problema della disoccupazione: i disoccupati, infatti, avendo più tempo libero si scateneranno negli acquisti rimettendo in circolo più denaro. Anche se in senso inverso, l’economia dunque si svilupperà ancora di più secondo i pazzi che perseguono questo progetto. Gli scarafaggi, trasformati in umani, potranno portare a termine questo disegno restato fino al momento incompiuto, ottenendo l’appoggio degli Stati Uniti, classici alleati del Regno Unito, contro la resistenza degli atri Paesi. Ma gli scarafaggi hanno fatto i propri conti, hanno agito nell’interesse della propria specie. Questa assurda iniziativa avrebbe in realtà distrutto l’economia, aumentato la povertà, portato degrado e sfacelo, e cumuli di rifiuti, habitat naturale degli insetti. La distruzione del mondo umano avrebbe favorito quello degli insetti. Portata a termine la propria missione gli scarafaggi, pertanto, riprendono possesso dei propri corpi che nel frattempo erano stati “prestati” agli esseri umani dei quali avevano preso il posto. Così, file di insetti riprendono una strada opposta rientrando nei corpi umani abbandonati, a cominciare da quello del primo ministro.
Il mondo al contrario è dunque quello che ha portato, secondo McEwan, alla scellerata scelta della Brexit, ma è ovvio che oggetto della satira dello scrittore è il mondo stesso degli uomini, a partire dai politici, paragonati a degli scarafaggi. Gli uomini sono così bravi nel distruggere il proprio pianeta, causando crisi economiche, climatiche e ambientali.
Sì, McEwan se la prende qui con la Brexit: “Attraverso impegnativi e costanti negoziati di ben due primi ministri, tra caos e paralisi parlamentare, dopo due consultazioni elettorali, in un paese amaramente spaccato in due, la Gran Bretagna sta cercando di realizzare il più insulso, masochistico e inconcepibile proposito della storia di queste isole” (p. 105). Così comincia la postfazione a cui ho fatto riferimento. Ma che il caso britannico della Brexit sia una sineddoche, sia cioè una parte che indica il tutto, viene chiarito nella conclusione stessa della postfazione, e del libro:
“Il populismo, ignaro della sua stessa ignoranza, tra farfugliamenti di sangue e suolo, assurdi principî nativistici e drammatica indifferenza al problema dei cambiamenti climatici, potrebbe in futuro evocare altri mostri, alcuni dei quali assai più violenti e nefasti perfino della Brexit. Ma in ciascuna declinazione del mostro, a prosperare sarà sempre lo spirito dello scarafaggio. Tanto vale che impariamo a conoscerla bene, questa creatura, se vogliamo sconfiggerla. E io confido che ci riusciremo” (p. 108).
Parole senza dubbio profetiche, e lo spirito dello scarafaggio sta alzando sempre più ovunque il livello dello scontro, un triste gioco distruttivo e autodistruttivo sembra inarrestabile. In attesa che la ragione riapra gli occhi – sono le ultimissime parole del libro – “potremmo doverci affidare al conforto della risata”. Purtroppo, le immagini strazianti che ci tocca vedere per ora ci tolgono anche questo conforto e qualunque voglia di ridere.