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Il soffiatore di gambe, Giorgio Podda

Tempo fa il mio amico Giorgio mi regalò un calendario che aveva illustrato per conto di una ditta del suo quartiere. Le immagini riguardavano ipotetici avvenimenti capitati in città nel corso degli anni Sessanta di tutti i secoli.
Lo sfogliai all’istante incuriosito dalla sua idea particolare e rimasi colpito dal ritratto di un soffiatore di gambe nell’atto di esercitare il suo mestiere. La didascalia, figure mancanti, mi pose l’interrogativo sul perché della scomparsa del mestiere.
Chiesi notizie a Giorgio su quella vecchia professione di cui non avevo mai sentito parlare e lui mi spiegò che, fino ai bombardamenti del 1943, sotto ogni Portico dei quattro quartieri della città vecchia stazionava un soffiatore di gambe. Comunque, se volevo saperne di più potevamo, lì per lì, fare un salto dal barbiere che era stata la sua principale, anzi unica, fonte di informazione.
Il signor Nicola era nella sua bottega intento a rasare le guance avvizzite di un pensionato. Aveva superato da tempo l’età del congedo dalla vita attiva, ma aveva scelto di non accorgersene e di continuare a sollevare ogni mattina la saracinesca, tranne la domenica e il lunedì naturalmente, per accingersi a tagliare e radere chiunque si fosse accomodato sulle sue poltrone.
“Buon pomeriggio a tutti, signor Nicola …”-
Giorgio mise con rispettosa allegria una mano sulla spalla del barbiere cui faceva capo il braccio che reggeva il pettine. Annotai mentalmente quella delicatezza.
“Anche a lei signor Giorgio. E a cosa dobbiamo …? Oggi c’è coda e non ho tempo di farle i capelli”.
“Infatti noi non siamo venuti qui per chiederle di farci i capelli …”.
“Ma?”
Il Signor Nicola si girò di un quarto per guardarlo meglio tenendo ancora le braccia alzate, una con il pettine e l’altra con le forbici.
“Dal barbiere si va per parlare, per sapere le novità. La bottega del barbiere è come un porto di mare”.
Con un sorrisino beffardo il barbiere riprese a servire il suo cliente.
“Sfotta, sfotta”.
“Noi siamo qui proprio per conoscere; non le novità, ma le cose antiche che sono successe tanto tempo fa”.
“Quanti anni crede che abbia, signor Giorgio?”
“Lo vede questo mio amico?”
Aveva fatto un passo indietro e mi aveva circondato le spalle con il braccio.
“Ha gli anni giusti per ricordare quello che merita di essere ricordato. Signor Nicola, io so che lei sa perché ci si rivolge a lei”.
Il barbiere annuì a questo che dovette prendere per un complimento. Nel contempo Giorgio mi tirò più avanti rispetto a dove stavo.
“Il mio amico è un architetto!”.
Il barbiere non disse nulla, ma, dopo avermi squadrato, ed essere mentalmente arrivato ad una sua valutazione, riprese ad occuparsi del cliente.
Mi resi conto che Giorgio mi aveva spinto sulla linea di un semicerchio attorno al barbiere di cui gli altri punti erano i pensionati seduti nella bottega. Aveva volutamente creato un ambiente umano attorno a su foghile(1), rappresentato in questo caso dal signor Nicola. Come una volta, insomma, quando ci si riuniva tutti insieme in cucina attorno al fuoco e gli adulti raccontavano ai giovani le storie più incredibili come se fossero vere. Anche se non sono poi tanto sicuro che andasse veramente così: quell’indicazione temporale suona tanto come il c’era una volta delle fiabe.
“Un profondo studioso delle cose antiche cagliaritane. Quando mi ha detto che è stato veramente un peccato, anzi un delitto, che sia stato abbattuto nel dopoguerra il Portico Romero …”.
Come tante fiammelle i vecchi pensionati, il cliente, financo su foghile in persona, signor Nicola, crepitarono tutti insieme mugugnando in vari toni “un delitto, un delitto”.
“… ho pensato che gli avrei fatto un grandissimo piacere facendogli raccontare da lei come sotto il Portico Romero lavorasse un soffiatore di gambe”.
E con questa chiusa teatrale sembrò che avesse chiamato sul palco la stella di chissà quale rivista di varietà.
“Bachisio? Il soffiatore di gambe del Portico Romero? Davvero lei non sa che sotto il Portico lavorava …”.
“Non solo sotto il Portico Romero, sotto ogni Portico di Castello”.
Con mio stupore il cliente interruppe il barbiere e, a quel punto, intervenni per cercare di rendermi comprensibile qualsiasi spiegazione.
“Signor Nicola, io non ho la minima idea di cosa facesse un soffiatore di gambe. Se lei fosse così gentile da spiegarmelo”.
“E che razza di architetto è?”.
Per fortuna Giorgio venne in mio aiuto.
“Eeh signor Steri. Non è detto che tutti gli architetti debbano sapere che esistevano i soffiatori di gambe. E poi il mio amico ha studiato a Milano e, forse, in quella città i soffiatori di gambe non ci sono mai stati”.
Di nuovo ci fu il crepitio delle fiammelle “E bé!” e lo stesso signor Steri non poté che convenire che la mia ignoranza poteva essere dovuta al fatto di aver compiuto gli studi lontano dalla mia città natale, quando, con un sol colpo, il signor Nicola zittì il cliente togliendo l’asciugamano che l’avvolgeva e fece girare la sedia verso lo specchio in modo che il signor Steri potesse rimirare il taglio.
“Et voilà! Les jeux sont faites!”.
A quel punto il signor Nicola iniziò a lavarsi le mani, fiero di esercitare un mestiere artistico pari a quello del soffiatore di gambe che stava per descrivere per tutti gli astanti.
“I soffiatori di gambe erano quegli uomini che durante le ore più calde della giornata, in modo particolare durante i mesi estivi, dietro il pagamento di qualche spicciolo, soffiavano potentemente l’aria sempre fresca dei portici sulle gambe degli uomini e delle donne che, per aver camminato tanto, erano in cerca di refrigerio. Fino allo scoppio della prima guerra mondiale, dico quello che mi raccontava Bachisio, quello che lavorava lì al Portico Romero, c’era un soffiatore di gambe sotto ogni Portico della città vecchia. Così come in altri posti c’erano i lustrascarpe. Non solo, all’inizio del secolo era un mestiere in espansione. Lo stesso sindaco Bacaredda, quello che descriveva Cagliari come una città en marche, aveva fatto notare come la costruzione dei portici di via Roma poteva procurare ottime occasioni di lavoro. Le mostro una carta che Bachisio conservava gelosamente”.
Aprì il cassetto di un mobiletto in compensato posto in fondo alla bottega. Dopo aver frugato tolse da un pacco di cartacce due ritagli di giornale e me li porse. Giorgio mi si avvicinò curioso per guardarlo. Il primo era una copia del 1911 del quotidiano locale. Un articolo di poche righe dove un cronista distratto scriveva: “Il numero dei soffiatori di gambe è notevolmente aumentato da dieci anni a questa parte, quasi che la cittadinanza, proprio perché sempre in movimento, abbia necessità di sentire un po’ di refrigerio dopo tutto questo suo camminare. Dai tredici addetti del 1901 si è passati ai ventisette addetti di quest’anno. A seguito di un sondaggio è risultato che il miglior soffiatore di gambe in attività sia Bachisio Spiga che lavora al Portico Romero”.
Un aumento di addetti! Rimasi di sasso, e questo consentì al barbiere di continuare.
“Era un lavoro che richiedeva polmoni potentissimi, mani grandi, una schiena possente e gambe robuste come querce. Io ho conosciuto Bachisio quando ho aperto la bottega qui a Villanova nel 1938 e l’ho visto lavorare. Era impressionante. Guardi, un ventilatore di oggi, parlo sia di quelli da tavolo che di quelli del tipo che ho io appesi al soffitto, non fa quel fresco alle gambe che provavi dopo venti minuti di lavoro di Bachisio. Anche se avevi camminato per cinque ore di fila ti sentivi rinascere. La vedo perplesso e invece mi deve credere. Sa come faceva? Preparava anzitutto la gamba, se era un uomo con i calzoni lunghi glieli arrotolava fin sopra il ginocchio, se era una donna appuntava con degli spilli all’interno la gonna in modo da non rovinare il tessuto. Ovviamente toglieva sempre le calze e le scarpe del cliente e faceva poggiare il piede per terra sopra un apposito asciugamano, in modo da non sporcarsi. Poi si chinava, avvicinava la bocca al ginocchio e “vuuf, vuuf”.
“Quello che mi sfugge, signor Nicola, è il rapporto del mestiere con il Portico”.
“Ma è l’aria no? Sotto tutti i portici della città vecchia d’estate c’è sempre fresco, per cui il soffiatore di gambe lavorava esattamente sotto il Portico perché era lì che l’aria era fresca”.
“Vuol dire che uomini e donne, chiamiamoli i clienti, entravano al buio?”
Mi interruppe il signor Steri, ancora seduto sulla poltrona.
“Certo! Non c’era mica pericolo. Anzi. Quando c’erano i soffiatori di gambe ogni Portico era pulito. Per esempio, non c’era quella puzza di piscio di birra che rimane oggi per colpa di quei giovinastri. E poi tutti i soffiatori di gambe erano molto, molto devoti. Bachisio, per esempio, era devotissimo di Frate Nicola da Gesturi Pace alla sua anima”.
Il signor Steri si fece il segno della croce.
“Ammetterà comunque che è difficile credere che in quegli anni, certo molto meno disinibiti, le donne accettassero di entrare sotto un Portico buio, di togliersi le scarpe, di farsi accorciare la gonna e di farsi mettere le mani addosso per … avere, pagando, un poco di refrigerio che potevano ottenere, che so, sotto una fontanella. –
“Altolà giovanotto. Intanto, avere una corrente d’aria fresca prodotta da due polmoni umani che pompano come mantici dà ben altro sollievo che sentire un po’ d’acqua sulla pelle, acqua che prima cola giù fino al piede, bagna e rovina le scarpe, poi evapora lasciando la gamba ancora più accaldata. Questa è la prima cosa che ti devi ricordare”.
Notai che il signor Nicola, dopo avermi dato del giovanotto, si era autorizzato a darmi del tu.
“Nessun soffiatore di gambe toccava le gambe del cliente né con la bocca né con le mani, perché le mani sono le migliori fonti di propagazione del calore, per cui avrebbero ottenuto l’effetto contrario. Era un mestiere senza malizia, tant’è appunto che lo sguardo del soffiatore di gambe non si sollevava mai più su del ginocchio”.
Quest’ultima affermazione mi parve contraddire totalmente quanto detto prima.
“Cioè nessuno ha mai provato a soffiare le cosce”.
Il barbiere si infastidì.
“Si, così sarebbe diventato un soffiatore di cosce! No giovanotto, non spinga la sua fantasia. I soffiatori di cosce così come li intende lei non sono mai esistiti. Il soffiatore di gambe era un mestiere, duro e faticoso certo, ma che dava tanta soddisfazione. Si ricordi, io non ho mai visto nessuno andare via insoddisfatto da Bachisio”.
Era tornato al lei, forse gli architetti erano per principio maliziosi e quindi con quella domanda avevo recuperato un minimo di considerazione?
“E Bachisio com’è finito?”,
Il signor Nicola non soddisfò subito la richiesta di Giorgio. Si lavò con estrema lentezza le mani e parlò solo quando si staccò dal lavandino per strofinarle con l’apposito asciugamano.
“Dopo la fine della guerra Bachisio era rimasto il solo soffiatore di gambe in attività a Cagliari. Ma era vecchio, e non soffiava più come un tempo. Sa, l’età, gli acciacchi, e si che non aveva mai fumato. Non aveva quasi più clienti. D’altronde la Cagliari che è uscita fuori dal dopoguerra è un’altra cosa rispetto a quella di prima. E poi, quando nel 1963 decisero di buttare giù il Portico Romero fu come se gli avessero tolto la Madonna. È scomparso dalla circolazione quel giorno stesso. Passano i giorni e né io né Steri abbiamo sue notizie”.
Il signor Steri annuì convinto,
“Fino a quando siamo andati a cercarlo nel sottano di via Genovesi dove dormiva. E lì …”.
Smise di parlare e mi fece cenno di leggere il secondo ritaglio di giornale che tenevo ancora in mano. Mi schiarii la voce e lessi a voce alta un linguaggio giornalistico impostato, tipico della cronaca nera: “In un sottano di Castello, in via dei Genovesi numero, è stato ritrovato oggi il corpo senza vita di un uomo di circa ottant’anni, morto suicida per impiccagione. Il cadavere era in stato di avanzata decomposizione con conseguente aumento della precarietà igienica del quartiere. Il tugurio è stato così murato dopo la rimozione del cadavere. Il morto rispondeva al nome di Bachisio Spiga ed era molto noto a Villanova perché, fino a guerra inoltrata, aveva esercitato all’ormai demolito Portico Romero il tradizionale mestiere di soffiatore di gambe”.
Su foghile si era spento. Il signor Nicola con i suoi pensieri era sceso a trovare il suo amico. Giorgio, con classe, decise di togliere il disturbo. Salutai anch’io, ma uscendo il signor Steri mi bloccò per un braccio.
“Oggi, tutti vanno in automobile e le gambe sono ferme, non sudano più come prima quando si camminava ore e ore sotto il sole”.
“Quindi lei dice che oggi un mestiere come quello del soffiatore di gambe sarebbe superato?”.
“No, è che oggi non c’è più rispetto. Anche la domanda maliziosa che ha fatto lei. Immaginare soltanto che possa essere esistito un soffiatore di cosce … E poi la maggior parte dei clienti di Bachisio erano uomini. Se tutti ragionassero come Lei, i soffiatori di gambe dovrebbero essere stati tutti pronti a fare quelle … quelle cose che si faceva fare quel presidente americano”.

1- Focolare