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Giustizia Femminista, Andrea Matarazzo

I cespugli verdi chiudono la vista , ma con il loro morbido di cuscini invitano alla capriola.
Li ho oltrepassati rotolandomici sopra e ho visto di là una casa che, attraverso la porta, lascia intravedere l’interno di bambola. La sua padrona deve essere molto a modo. Con tendine di trine e merletti non chiude la vista a sguardi indiscreti.
Si fida del mondo Amelia ed ha ragione. In casa sua nessuno è ospite indesiderato. E nessuno se ne è andato senza la luce nel cuore.
Non ha età Amelia. Tutti sanno che c’è sempre stata, con suoi occhi un poco all’insù e le rughe. Amelia non è mai nata. Da sempre accoglie la vita degli altri nelle sue organze candide.
Da sempre aspetta l’anima di turno che vuol farsi cullare.

Oggi ci entro senza preavviso.
Lei è intenta ai suoi ricami, coi capelli bianchi che scivolano sulle spalle. Non dice niente quando mi vede entrare sporca di foglie. E quando mi infilo tra le sue lenzuola si alza per coprirmi il volto.
Amelia dicono sia una strega e per questo quelli che hanno paura non vanno da lei. I loro pensieri potrebbero trasformarla ed allora sì che diventerebbe cattiva. Ma questo nessuno lo sa perché nessun malvagio è mai andato da lei, o almeno non ne è mai uscito.
Quando riapro gli occhi è seduta al tavolo con la fronte china sulle carte da gioco. Mi invita con un sorriso a sedermi e, mentre sfoglia il mazzo, mi racconta una storia. Di una giovane bella con la vita affusolata e gli occhi del mare. Un giorno se ne andò di casa per cercare quello che diceva il suo principe azzurro. Era molto giovane e ne aveva sentito raccontare solo nelle favole, dove si diceva che lo riconosci non appena lo incontri. Ma bisogna avere gli occhi giusti per vederlo. Quelli del mare si fanno oltrepassare e l’anima può essere colpita facilmente anche da un’ immagine sbagliata. Per questo la giovane procedeva con cautela nel suo cammino. Ogni tanto si fermava a una vasca per bere, e guardava avanti con gli occhi stretti per non lasciarsi prendere alla sprovvista. Tra il verde dei rami ogni tanto intravedeva la luce. Era là il punto dove si raccolgono gli animali del bosco per riscaldarsi dall’umido della terra. Lei camminava a piedi scalzi per ricordare ogni passo, caso mai ci fosse bisogno di tornare indietro. Le sue orme stampavano una traccia che il principe avrebbe incontrato.
Amelia si ferma su una carta e mi trafigge. Poi prosegue con la calma di prima. “C’era una volta una giovane donna che vagava nel bosco a piedi nudi senza preoccuparsi delle foglie che calpestava. Il rosso di quelle marcite le si era attaccato ai piedi e li aveva avvolti in una guaina lucida. Camminava da tempo senza pensieri per quanto aveva lasciato dietro e senza esitazioni lungo la strada che percorreva. I capelli nel frattempo le erano cresciuti fin quasi alle caviglie e sfioravano con dolcezza il suo corpo. La giovane vide uno specchio d’acqua e desiderò guardarci dentro per vedere cosa ci fosse. Ma l’acqua le rimandava i colori del mare e la giovane non vide niente. Allora pensò di entrarvi e piano piano sfilando le sue scarpe di foglie sentì il freddo che saliva lungo i suoi fianchi stretti e il seno e le spalle ed il collo ed il viso. I capelli restarono a galla a fare da guardia. Aprì gli occhi e… Niente. Il torbido intorno le impediva la vista. Le mani le scivolarono lungo i fianchi per raccogliere le gambe in un abbraccio e poi salirono ai seni e al collo. Poi con un colpo di reni ritornò a galla”.

Amelia rimescola le carte senza guardarmi, le allinea secondo una verticale e poi forma sotto altre due file dello stesso numero. Poi, con la stessa voce, racconta di un giovane uomo che un giorno trovò le sbarre della sua prigione aperte e si vide perduto. Non c’era più nessuno a fargli da guardia e fuori faceva freddo. Attese molto prima di raccogliere le sue cose e mettersi in viaggio. Non ricordava più come si sta fuori e l’aria del bosco gli si infilava nei polmoni senza chiedere permesso. Diventava sempre più grande, man mano che si allontanava dalle sbarre mentre quelle, dietro di lui, scomparivano. Pioveva mentre avanzava senza esitazioni né sicurezze. Dopo un poco i piedi furono gonfi d’acqua e, da un sentiero di foglie schiacciate secondo una traccia appena accennata, le pietruzze gli ferirono le piante. Per questo decise di fasciarle con gli stracci candidi che si era portato dalla prigione, ma dopo un poco quelli divennero rossi ed il corpo sempre più esitante.
Amelia sfoglia le carte della seconda fila senza interrompersi e la sua voce diventa più calda: “Guarda in su il giovane uomo, per ripararsi dalla pioggia, per cercare il punto in cui le nuvole diradano ed appare il cielo. Guarda in su mentre il sangue colora di rosso le foglie e le pietre e mentre la pioggia gli lava il viso e gli occhi. Il sole è là, sulla fronda più alta dell’albero più grande. E decide, questa volta, di salire. Un poco alla volta, esitando per il dolore ai piedi, cerca i rami giusti e la corteccia meno dolorosa. Si ferma ad un certo punto per raccogliersi, mentre il tepore aumenta. Non sa se riuscirà ad arrivare fino a lassù, ma il sole che si avvicina lo scalda. L’ultima acqua gli sana le ferite. Ha raggiunto la vetta e sotto di lui niente. Non tornerà più giù il giovane uomo”.

La terza fila di carte racconta di un bosco che un giorno vide una ninfa tornare a galla dal freddo di un lago coi suoi lunghi capelli biondi asciugati dal sole, riprendere il cammino con gli occhi sempre meno stretti per abituarli a farsi scudo nel bosco e di un giovane principe che non sapeva di esser tale e che sopra la fronda più alta dell’albero più alto, sulla riva di un lago, si riprendeva la vita.
Amelia tace, non aggiunge né toglie niente, lei racconta quello che è stato. Ora sta per farsi sera. Fuori dai pizzi delle tendine c’è il bosco, e il lago, e l’albero. E il mare.