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Anasyrma vol. 2

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Disvelare la nuda veritas, nel suo intrinseco rapporto con l’umanità, l’ambiente, la società, il tempo, la cultura e l’arte. Questa è la missione della collana Anasyrma, termine derivante dal greco antico che indica il gesto dirompente del sollevamento della gonna, attuato da figure mitologiche come Baubo e Afrodite.

 

Cosa significa disvelare? Cosa abbiamo da disvelare e perché?
Se lo chiedono gli autori di questo volume, da punti di vista e discipline differenti: critica d’arte, fotografia, moda e social network, mediologia, poesia, fantasiologia, filosofia e teologia.
Nei versi di Plinio Perilli, disvelare è «una fiera rivolta che semina idee / e fiorisce dubbi, fruttifica utopie».
Anasyrma diviene così un crocevia pulsante, il manifesto in divenire della casa editrice, un laboratorio di domande sul senso più profondo dell’essere, del vivere, del fare: del disvelare.
Non più soltanto arti contemporanee: il nuovo taglio ideato da Vincenzo Notaro sarà più articolato e, grazie al lavoro creativo di Officina Mirabilis, la serie di volumi sarà ancora più esclusiva.

 

PERCHÉ SOSTENERE DISVELARE EDIZIONI NELLA REALIZZAZIONE DI ANASYRMA 2

 

  1. Perché in Italia non esiste uno spazio di riflessione artistico-filosofica-mediologica realmente indipendente e con un posizionamento critico come quello di ANASYRMA: una collana libera da pubblicità, finanziamenti, accademie, gallerie e quant’altro.
  2. Perché è necessario il contributo di tutti: artisti, studiosi, storici, critici, operatori culturali, privati e istituzioni pubbliche. C’è bisogno che ognuno si senta e sia realmente protagonista del progetto ANASYRMA. Oggi più che mai, serve affiancare i fatti alle parole, l’azione alla cultura.
  3. Perché ogni pubblicazione di Disvelare edizioni è ecosostenibile: usiamo solo carte certificate FSC®, fatte adottando politiche di ripopolamento delle foreste; scegliamo solo tipografie che utilizzano energie rinnovabili e inchiostri sostenibili, usiamo server eco-friendly per il nostro sito web; e tante altre attenzioni quotidiane per il rispetto dell’ambiente, degli animali e, non ultimo, dei lavoratori.

 

L’uscita di ANASYRMA 2 è prevista per il 14 luglio 2022.

La campagna resterà aperta fino al 31 maggio 2022.

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DIO È MORTO A HIROSHIMA E LA FOTOGRAFIA DEL FIORE DI LOTO L’HA SOTTERRATO A NAGASAKI
Pino Bertelli

 

DISVELARE AL VEDERSI
Un saggio fantasiologico di Massimo Gerardo Carrese
sull’opera di Giovanni Izzo

 

DA S1M0NE A MIQUELA
Metaverso e modelle digitali: quale futuro per la moda?
Michelle Grillo

 

NARRATIVE ART
Cristina Tauri
con opere di Antonio Baglivo

 

SEMPER EADEM: ‘POST FATA RESURGO!’
Daniela Bedeski
per Massimo Bertocchi

 

ANTICO E NUOVO
Saverio Carillo
Un saggio sul design di prossimità di Riccardo Dalisi

 

DISVELARE
Un poemetto di Plinio Perilli

 

DAL PRESENTE AL PRESENTE
La memoria tra silenzio mistico e chiasso mediatico
Michele Ranieri

 

DISVELARE
Del resto e dello scarto
Gabriele Montagano

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Ecco, per te, alcuni estratti dal volume di imminente uscita:
ANASYRMA miscellanea artequivoca 2!

 

«Non c’è una via per conoscere la fotografia, la fotografia è la via. Quando la fotografia spacca tutte le credulità e denuncia la violenza impunita dei potenti, spezza anche tutti i legami con la soggezione teologale dei governi, delle fedi, delle ideologie e compie un primo passo sulla via del risveglio… poiché nessuna cosa vivente deve essere uccisa, non il più piccolo animale o insetto, perché ogni vita è sacra, diceva quello che prendeva le elemosine in un cranio d’uomo… qualcuno lo chiamava Buddha!
Ogni fotografia è una goccia di verità a fianco degli ultimi o inganno a compiacenza degli stolti…
Dio è morto a Hiroshima e la fotografia del fiore di Loto l’ha sotterrato a Nagasaki, e lì c’è rimasto nell’impudore della sua storia!
Il  6 agosto del 1945, tre bombardieri americani B-29, Enola Gay (quello che aveva il compito di sganciare la prima bomba atomica della storia), Great Artiste (dove gli scienziati analizzavano l’operazione) e Dimples 91 (che si occupava delle riprese cinematografiche), assistettero tra inorriditi e affascinati all’ondata di distruzione sprigionata da una nuvola gigantesca a forma di fungo sulla città di Hiroshima. C’è da dire che la Germania si era arresa il 7 maggio 1945 e l’Italia fascista aveva cambiato padrone… prima stava coi nazisti, ora con gli Alleati… Il Little Boy esplose con una potenza di 13mila tonnellate di tritolo, facendo sull’istante 80mila vittime che divennero 350mila entro la fine dell’anno, e ancora migliaia in quelli successivi. Il 9 agosto ci fu la replica su Nagasaki… i trucidati furono più di 200mila, le bombe atomiche sul Giappone chiudevano l’ultima pagina della seconda guerra mondiale che, come sappiamo, era come sparare agli usignoli mezzi morti dal freddo nei parchi pubblici.

 

[…] L’iconografia del terrore di Hiroshima si può riassumere non tanto nel massacro generalizzato, nelle contaminazioni della popolazione, negli sfregi dei corpi, nelle ombre lasciate sui muri dalla deflagrazione atomica… quanto nella serialità del male che coniuga il linguaggio del crimine con quello dell’estasi…
Il rispetto dei precetti si porta dietro anche la forca che li giudica, l’assassinio è una fatalità del sapere che si schiude a orizzonti di sangue, promuove vigliaccherie elegiache, discopre ere del terrore dispensate nel fiele delle ideologie, dottrine e mercati globali, lo snobismo dell’economia-politica non conosce frontiere, l’epilogo delle coscienze arrese è l’ultima scena di una farsa spettacolare che ha annegato o internato insorgenze generazionali che chiedevano il bello, il buono e il bene comune!

 

[…] Del ritratto di donna che stringe in braccio il suo bambino tra le rovine di Hiroshima, preso da Alfred Eisenstaedt nel 1945: madre e figlio sono avvolti in abiti tradizionali, seduti sul tronco di un albero bruciato, non c’è tremore sul volto della donna accarezzato dal vento, neanche lo sguardo del bambino introduce al sopravvissuto, c’è un’antica dignità per qualcosa che nemmeno il fuoco della bomba ha scalfito, una sorta di esulcerazione della verità, la maledizione verso nessun genere di nobiltà d’animo, l’eccidio dell’ingenuità è parte dei disegni economici-politici di governi, partiti e fazioni… e il dileggio della libertà s’accorda sempre con la malvagità che la rammenda!
La fotografia di Eisenstaedt – come ormai sembra essere diventato un eserciziario da ricamo etico-estetico nella fotografia, nel cinema e ovunque un serafino affondi nella manualistica tecnologica i propri vaneggiamenti – è stata colorizzata da non c’importa chi… i verdi, i marroni, i rossi della donna e del bambino sono messi in contrasto con l’albero nero… c’è perfino il tramonto rosato sui monti… una roba da fanatici del pressappochismo d’annata, coglioni della grafica appiccicata alla fotografia… una degradazione del gusto nella quale nemmeno il boia di Londra sarebbe incappato!
Del resto, al fascino della merce non è facile sottrarsi o farne un bottino da esagitati o da reprobi della nullità… il romanticismo degli sciocchi trova sempre buoni clienti che non sanno mai decidersi tra una macchina fotografica o un cesso firmato, sono ridicoli come le scomuniche, ma hanno le loro ragioni… fin quando non sono finite le scorte di demenza non sarà possibile uscire dalle acclamazioni senza remore…».
[Estratto dal saggio di Pino Bertelli sulla Fotografia di Hiroshima e Nagasaki]

 

«La sociologa psicologa statunitense Sherry Turkle ha affrontato nei suoi studi l’interazione tra l’essere umano e la tecnologia a partire dagli anni settanta, in particolare si è concentrata sul rapporto tra il bambino e i giochi elettronici. Quello che è emerso dai suoi studi è che la disponibilità a entrare in empatia con qualcosa di inanimato è il risultato dell’interazione con i giocattoli elettronici cominciata a partire dalla fine degli anni settanta, quanto appunto i bambini di allora, oggi quarantenni, hanno cominciato ad approcciarsi ai vari giochi destando la preoccupazione di genitori allarmati per l’interesse che i loro figli potessero avere verso oggetti capaci di assorbire la loro attenzione come nessuno strumento, nemmeno la televisione, prima di allora era riuscito. In prima battuta la Turkle aveva sottolineato come la cultura digitale si impara fin da piccoli e i bambini sono particolarmente abili nel discriminare tra ciò che ci si può aspettare da una macchina e ciò che invece è vivo. In altre parole, secondo la studiosa, il confine tra persone e computer resterebbe intatto, e i bambini troverebbero naturale pensare che un oggetto inanimato possa pensare e avere una personalità; salvo abbandonare più recentemente in Alone together la visione entusiasta dei computer e della rete, mostrando del suo ultimo lavoro un tono più preoccupato su quanto la tecnologia stia cambiando gli individui e le relazioni sociali.

L’empatia dei follower nei confronti dei modelli digitali, rivela infatti un aspetto della cultura informatica che conduce a una profonda riflessione sul ruolo che macchine giocheranno nel prossimo futuro, e, dopotutto, la piena accettazione che esse possano essere intelligenti, in modo simile a quello umano, pur rimanendo differenti perché biologicamente inanimate».

[Estratto dal saggio di Michelle Grillo su Moda e Metaverso]

«Così tu danzi, continui a farlo, in un cielo che, dopo il rosso, forse si fa ora più blu, celeste forse, terso, tra i fianchi verdi di una dolce valle. Tu sorridi e sbocciano le rose. Come nel giardino che creasti, che creammo, che custodisco. Gli piacevano i bei giardini e i roseti, non ne mancava uno, di roseto, dovunque passassimo. C’è nessuno come i generali per amare le rose. Si sa. Amavi citare Céline, poiché questo eri tu, un distintivo al petto. Un giardino all’inglese fuori, una Wunderkammer dentro. E poi via, in cerca di bizzarrie, rarità per i mercatini del mondo o di bric-à-brac nel piacentino, vecchi giocattoli a molla del secolo scorso, orsetti spelacchiati con bottoni per occhi, giostrine col carillon, sgabelli a forma d’ippopotamo, manichini di legno, esotici bauli ricoperti di conchiglie, fiale e alambicchi, incensi, benzoino, legno di Agar, maschere del Dogon, il Popolo delle Stelle, incontro a un carico al porto de La Spezia. Quando si camminava per le città, a zonzo, esplorando, a un tratto mi giravo e non c’eri più, ti eri allontanato, perso dietro un’essenza, una pietra, dentro al cratere di una palla di lava, in una montagna di bulbi, in una pianta di rare rose, nello studio di un pittore veneziano, tra vasetti di colorate, profumatissime spezie. E raccontavi. Per ogni cosa un aneddoto. Ora tu danzi, semper eadem, continui a farlo. Lo vedo, il tuo corteo».

[Estratto dal testo di Daniela Bedeschi in memoria di Massimo Bertocchi]

«Corpo intruso che si compie come desiderio nell’offrirsi all’esperienza del contatto. L’altro si conosce e si disvela nel corpo offerto e tutto accade per un incidente. Inciampare nell’intruso che si manifesta e si svela è una pratica di svelamento del desiderio compiuto. Ma nulla accade se non c’è l’incidente, l’incontro accade per inciampo. Il disvelamento irrompe sulla scena, la disunisce dal proprio incedere in ordine con il tempo e così il non dato o dato per impossibile accade inaspettato, e non è data altra possibilità se non questa imprevedibile apparizione dell’intruso sulla scena della vita. È lo sguardo, l’occhio che intravede, che accende il corpo dell’altro e lo consegna alla vita, lo destina al compimento di ciò che non è mai stato senza essere visto, senza essere mai scrutato e trovato e perciò lasciato andare. Siamo destinati all’oblio senza lo sguardo che si accende sul nostro corpo. Questa forma di rispetto della fisicità che attraversa uno spazio semantico ci muta senza scampo, ma per dare vita al nuovo bisogna saper accogliere il rischio che segnala il turbamento. Il turbamento dell’essere visti, dell’avere incontrato la nostra nudità. Lo svelamento dunque vive di incidenti, di tempi sospesi.

E bisogna perdere tempo per trovare tempo».

[Estratto dal testo filosofico di Gabriele Montagano sul Disvelare]

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ANASYRMA miscellanea artequivoca 2
Uscita prevista a metà luglio 2022.

 Formato: A4 21×29,7 cm.; pagine 64.

Stampato su carte della serie Arena Fedrigoni, con certificazione ecologica FSC®, composte da pura cellulosa e da un elevato contenuto di riciclo controllato e selezionato.
Stampa in quadricromia e b/n con inchiostri eco-sostenibili.
Legatoria artigianale con cucitura a filo refe.
Tiratura 333 esemplari, dei quali 69 in ‘edizione ubriaca’, con copertina acquerellata al vino da Vincenzo Notaro.

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