Comme une incitation la beauté; une lettre. Moments.
00.45
«… Que tu viennes du ciel ou de l’Enfer, qu’importe, | Ô Beauté!…» incide Charles Baudelaire.
Nessun; s’è fermato qui.
Son pugni viscerali; smembrano e s’annidano nelle gote scavate. Son respiri ansimanti come l’arena. Senza inibizioni odono acque d’un Caronte che nel viaggio s’è tramortito; odorano profumi ostili come stati mentali. Trascrivono compulsivi battiti mancanti. Attraversano un viaggio senza meta; cuciono un denso suicide. Nemesi come intimità svelata. Un vivere celato scivola a occhi chiusi; una fredda corsia d’ospedale trama paesaggi di nebbia vestiti. Al cospetto un biglietto ghiacciato. Spegnendo ogni suono al muto dolore; l’acerbo pianto al sonno collassa. L’empirico attimo guida vertigini calanti.
Nessun; s’è fermato qui.
Il campo è neve di foglie unite; son forme d’edera bagnata. Una cicatrice al vento spinge. Son liquidi scogli e l’onda ascolta; l’aria oscura vive una notte assopita. La pioggia nera è ansimante. Come acqua esausta scorre alle madrigali vene; vi è un lamento d’argento liquefatto. Guerra d’un livido gemente. Il polline è perduto al cospetto di ceneri viaggianti; un fiato è rame sussurrante. I vivi non han nulla da dire. Nell’isola dei morti vi è un solo dolore; una vita vissuta. Tacita come un respiro ora. L’amaro ghiaccio è perso tra spazi vuoti; vi son silenti gocce adagiate come polpa di respiri. Il sinuoso crepuscolo giudica.
Nessun; s’è fermato qui.
Siderali come il bramato marmo vi son separate sinfonie; son come divini specchi. Assenti d’un silenzio portato. Ventuno grammi lambiscono lacrime come abiti vestiti; come amplessi di misteri scritti nel passato. Son crepe senza fine. Nel sale posate lastre baciano e sfiorano la notte violata; occhi chiusi nel tremante Inferno scrivono pelli seviziate. Solchi ambigui nuotano. Al cielo infiammato volano freddi; camminano nella luce descritta come ali agevolate. Albe come vitrei occhi oscuri. Nel limbo arditi ponti son sponde come nubi; la pioggia ancora piange consegnando respiri. Son svegli come visioni notturne.
Nessun; s’è fermato qui.
Lascian spazi scritti di rose; lascian inchiostri sopiti di cotone. Come sentinelle mescian calici. Serviti d’un aroma femminile; scolpite pelli d’un plastico ignoto indagano l’odor della morte. Quando vien l’ombra tutto tace. Son sette musicali note; orchestrate nell’oceano di veli setati. Al manto buio porzioni inabitate. Per un solido liquefatto al vuoto calmo e sospeso; un petalo trascrive odori dispersi di violacei animali. Una carezza scrive di manti radiali. Ora il nome della memoria suona campane; in questo luogo oscuro lo sguardo appena svanito pronuncia dolore. Tremito gelido d’un groviglio assunto.
Nessun; s’è fermato qui.
Su sconnessi gradini urlano i sette toni illusi; la pietà lentamente scorre e tace nell’oblio. Come una sposa dalle tenebre glorifica. Alcun desiderio gioca intatto; vi son paesaggi spinati ove nessuna anima oltrepassa il rimpianto. Un ghigno come foglie di seta. Sussurrante tra neri germogli i peccati son sbocciati; come terre incise vi son rovine mai vissute. Son legni d’una febbre di vita. La verità è l’eterno secondo di niente; l’inutile inerzia brama un tumulto d’impronte e di denti. Statico acciaio inossidabile ora. Un baco al filo aggrappato slega boccioli; in balia di stupori accolti. Il tempo incalza nell’attesa infinita.
Nessun; s’è fermato qui.
Un bacio ai chicchi macinati d’illusioni trasparenti; come capezzoli al cielo una giostra d’incontri. Orrori son carezze vissute. Una tramoggia di cenere non rigenera desideri; come mosaici i teschi son orizzonti tuonanti. Nell’impetuoso sbocciare l’avello selciato. Come un fermo immagine la promessa è d’abitare; al cospetto di luci riflesse di fiati e di sabbia. Appaiono erranti falangi di farfalle. Un metallo in vita accucciato perde emozioni che non è più peccato; famoso il tempo sevizia ora. Vi son spazi inquieti. Ascolta Luna nel viandare oscuro; abbandona inchiostri senza inibizioni. Anelati come quando tramonti.
Nessun; s’è fermato qui.