
Slega le trecce delle trapassate
Sciogli la tristezza delle antenate
Fallo mentre mi pettini nonna,
Suona parole di perdono
anche per me
Che io non sia più seduta
sul trono della fatica umana
che ci lega tutti, stretti stretti
fra intestino e bacino
Suona parole di rito
al tuo cuore più vicino
Canta spontanea
la melodia di quand’ero bambina
disseta anche il viandante
E che mi riporti da te
nella casa gigante
Dove ci son tutte le anime sorte
non più vagabonde.
Incastriamo i piedi fra le mie ovaie e il tuo utero
In un’ attesa sospesa dei ritorni
dei miei lunghi e saggi viaggi.
Dove contemplavo te fanciulla
Fra mediterranei paesaggi
Dammi ristoro fra le tue mani accese
Adesso divenute d’ oro.
Piantiamo un nuovo salice
Colmo della nostra stirpe
fin dalla radice
Son caduti quei frutti dei rimorsi
di tutte le donne morte.
Con il primo mosto mestruale
apriamo la terra.
Canale di fantasmi pensieri
della donna che eri
Tu sei la porta di trapasso
di un invisibile tangibile.
Che denso, muove il mio mattino.
Foglie tirate dal vento
E pietre di sale nel bicchiere
Traboccante di mare.
Nonna, slega la mestizia
che lega i rami
dell’antico albero dell’avarizia.
Ormai tutto si è ammalato
L’ invidia è scivolata.
Persino il virgulto di verde rabbia
senza vergogna ci ha lasciato.
Facciamo il bagno assieme
Io e te,
nel fiume incantato
Scambiamoci il corpo vibrante e risorto,
Nude e vive
nel medesimo canto del tuo secolare perdono
Nonna, sciogliamo le trecce delle antenate
Lasciamole andare